Il collocamento Blow Job Company
L’affare Blow Job Company è una storia vera che ha dell’incredibile e che io e il mio amico Paolo Cossu raccontiamo sempre, stupiti di come sia potuto succedere l’impensabile. Ovvero riuscire a collocare 1,5 milioni di euro di titoli palesemente inesistenti. Al tempo dei fatti, nel 1997, Paolo lavorava in banca e, a causa di un ordine non eseguito, si trovò con un mancato guadagno di circa 8.000 euro da imputare al responsabile del servizio di private banking della sede centrale.
Urgeva una vendetta, che fu presto progettata e attuata. In quel periodo i titoli quotati al Nasdaq scalpitavano e ogni nuova emissione era un successo. Internet era agli albori e Paolo decise di inventarsi di sana pianta un nuovo titolo da collocare, che venne chiamato Blow Job Company. Il nome non è casuale, voleva essere una beffa a tutti gli effetti e per rendere credibile la cosa Paolo prese il prospetto di collocamento Eni3 in inglese cambiando il nome della società e descrivendo la Blow Job come una società leader in pompe di estrazione petrolifere. Il nome era estremamente ambiguo e già quello avrebbe dovuto suscitare qualche perplessità.
Per rendere più credibile il tutto, i prospetti furono stampati con la relativa carta chimica per le sottoscrizioni e furono inviati da Londra in una busta con falsa intestazione.
Lo scherzo era perfetto, il testo del prospetto illustrativo non avrebbe superato nemmeno una lettura distratta, era pieno di doppi sensi e riferimenti alle pompe nel mondo, sottolineando come in Giappone vi sia una diffusione capillare delle pompe di estrazione Blow Job, un mercato in espansione anche in Italia grazie alla filiale bolognese.
La lettera al responsabile del private banking era una burla nella burla, invece di scrivere manager bank of era stato scritto manager bench of (bench significa panca). L’inglese utilizzato era maccheronico e inoltre la firma del presidente della Blow Job assomigliava beffardamente al sesso maschile. Eppure funzionò alla perfezione!
Si scatenò il putiferio, Paolo sottoscrisse per primo 50.000 azioni della nascente società attirando l’attenzione su di sé. Nel giro di pochi giorni piovvero sottoscrizioni per oltre un milione di euro da direttori di sede, responsabili delle aree titoli delle diverse filiali, operatori titoli e assistenti commerciali della direzione generale: tutti volevano le Blow Job e noi li stavamo accontentando.
Per evitare che la cosa uscisse dalla banca Paolo, che ben conosceva l’iter nelle nuove sottoscrizioni azionarie al Nasdaq, aveva fatto circolare la notizia come strettamente confidenziale, data la scarsa disponibilità delle azioni e il sicuro incremento futuro dei prezzi. Io stesso collocai azioni per oltre 500.000 euro ad amici e conoscenti che lavoravano in banca. Incredibilmente ci erano cascati tutti e le sottoscrizioni, gestite da Paolo, erano state chiuse, non restava che incassare i soldi e fuggire all’estero o svelare lo scherzo.
Svelammo lo scherzo dopo 20 giorni di trepidante attesa da parte dei sottoscrittori che continuamente premevano per avere notizie in merito all’assegnazione dei titoli. Ricevemmo entrambi molti caffè di ringraziamento per la dritta e negammo le informazioni sulla Blow Job ad alcune persone che sapevamo essere particolarmente emotive.
Venne indetta una riunione per comunicare a chi sarebbero stati assegnati i titoli e quando fu chiaro che si trattava di uno scherzo le reazioni furono le più disparate.
Ci fu una supplica generale per riavere indietro i moduli firmati e sottoscritti dai funzionari, qualcuno si offese togliendoci il saluto ma molti si divertirono come matti capendo, ancora una volta, come l’aspettativa di un facile guadagno possa far cadere ogni più elementare precauzione. Spero passerete sopra alla necessaria censura che ho dovuto fare in merito al nome della banca e dei principali protagonisti. Ma gli originali non censurati delle sottoscrizioni della Blow Job Company sono ancora disponibili, e in ottima compagnia, presso il nostro museo privato delle burle. A imperitura memoria.