Il fondo Long Term Capital Management
Pubblicatela solo quando per almeno sei mesi non sarete proprio riusciti a trovarvi nessuna contraddizione».
(Alberto Einstein)
Gli Hedge fund sono considerati un rischio per l’economia reale in quanto possono accentuare i pericoli di bolle speculative e creare turbative nelle contrattazioni. Questo, però, vale ovviamente solo per i gestori non adeguatamente preparati; quindi chi meglio di Robert Merton e Myron Scholes, vincitori del premio Nobel 1997 per l’Economia, può gestire con profitto del denaro in un hedge fund?
Questo deve essere stato il pensiero che passò nella testa dei sottoscrittori del Long Term Capital Management (Ltcm), un hedge fund fondato nel 1994 da John Meriwether (vicepresidente e responsabile del trading obbligazionario alla Salomon Brothers) e gestito dai due premi Nobel sfruttando i loro complessi modelli matematici.
Il premio Nobel è stato assegnato a Robert Merton e Miron Scholes premiati:
• per aver avviato l’epoca dei “contratti derivati” di borsa;
• per aver contribuito a “controllo e vigilanza su istituzioni e mercati finanziari”.
Trovare il denaro per un fondo gestito da dei premi Nobel non è certo un problema per cui l’hedge iniziò la propria attività con l’ingente capitale di 1.011.060.243 dollari. Inizialmente il successo fu enorme, con ritorni dell’ordine del 40% su base annua, ma nel 1998, a causa della crisi russa non prevista dal modello, il fondo perse oltre 4,6 miliardi di dollari in meno di quattro mesi, mostrando al mondo l’importanza della previsione delle perdite più che dei profitti.
Con il crac dell’Ltcm, Merril Lynch perse 1.400 milioni di dollari, la svizzera Ubs (prima banca d’Europa) 770 milioni e molte altre banche internazionali (tra cui le tedesche Dresdner e Deutche Bank, la francese Paribas, l’inglese Barclays, la giapponese Sumitomo, l’americana Citycorp e altre) subirono perdite enormi.
Il 23 settembre 1998 le principali banche d’investimento e la Federal Reserve furono costrette ad intervenire per evitare una crisi finanziaria internazionale dagli effetti scarsamente prevedibili. I debiti vennero pagati in cambio del 90% delle azioni del fondo e dell’istituzione di una supervisione di controllo. I contributi furono i seguenti:
• 300 millioni di dollari: Bankers Trust, Barclays, Chase, Deutsche Bank, Ubs, Salomon Brothers, Smith Barney, JP Morgan, Goldman Sachs, Merrill Lynch, Credit Suisse First Boston, Morgan Stanley;
• 125 millioni di dollari: Société Générale;
• 100 millioni di dollari: Crédit Agricole, Paribas;
• Lehman Brothers e Bear Stearns rifiutarono di partecipare.
Le perdite di 4,6 miliardi di dollari erano così composte:
• 1,6 miliardi in swaps;
• 1,3 miliardi in equity volatility;
• 430 milioni sul mercato russo e su altri mercati emergenti;
• 371 milioni in directional trades nei paesi industrializzati;
• 215 milioni in yield curve arbitrage;
• 203 milioni nel trading in azioni dello S&P 500;
• 100 milioni in arbitraggio su “obbligazioni spazzatura” (junk bond);
La sfortuna ci mise decisamente lo zampino. Le possibilità statistiche di una crisi come quella che avvenne in Russia erano infinitesimali, ma va ricordato che la strategia di fondo era quella di ottenere un piccolo guadagno altamente probabile a fronte di una grande perdita altamente improbabile. Ciò significa che l’irrazionalità del mercato non era prevista, anche se come ci ricorda l’economista John Maynard Keynes: «Anche se i mercati a lungo andare convergono verso posizioni razionali, il mercato può rimanere irrazionale più a lungo di lei». Il fondo chiuse definitivamente i battenti all’inizio del 2000.
Il vincitore del premio Nobel per l’economia 1998, scelto pochi giorni dopo il crac dell’Hedge Fund Ltcm, si chiama Amartya Sen, un indiano studioso della povertà e dello stato sociale. Suona come una beffa no?
D’altra parte l’economia è l’unico campo in cui due persone possono vincere il premio Nobel per aver detto due cose esattamente contrarie.