Lo schema Ponzi
Le caratteristiche dello schema Ponzi
Lo “schema Ponzi” è uno schema truffaldino dove chi inizia per primo ottiene dei ritorni economici a spese dei nuovi “investitori” che finanziano inconsapevolmente lo schema. Ovviamente ogni schema Ponzi è destinato a fallire miserabilmente lasciando con il cerino acceso in mano tutti gli investitori, una vera e propria truffa. Purtroppo la storia non è maestra di vita per chi non la conosce e quindi lo schema Ponzi si ripete continuamente con qualche variante.
Le principali caratteristiche sono:
- Possibilità di realizzare ingenti guadagni in poco tempo e con poco rischio;
- Documentazione fumosa, parzialmente coperta da segreto o caratterizzata da investimenti speculativi di “alta finanza” non documentati chiaramente;
- Pubblico non competente in materia finanziaria o con grande fiducia personale riposta nell’organizzatore dello schema;
- Investimento legato ad un solo promotore o azienda o prodotto;
La rischiosità dell’investimento è elevatissima e cresce di pari passo con l’aumentare degli “investitori” che però non percepiscono il rischio poiché apparentemente il business è serio e solido, lo testimoniano i primi investitori regolarmente remunerati.
Carlo Ponzi, l'ideatore dello schema truffaldino
L’Italia ha dato i natali a molte persone illustri e famose in tutto il mondo, da Michelangelo a Giotto, dal Bernini a Leonardo Da Vinci, solo per citarne qualcuno. Il 1882 non fa eccezione e, se da un lato è funestato dalla dipartita di Garibaldi, dall’altro può essere annoverato come l’anno che diede il primo natale a Carlo Ponzi, un italiano destinato all’immortalità nei libri di storia.
Il 3 marzo 1882 Carlo Ponzi nasce a Lugo, in provincia di Ravenna, la sua infanzia trascorre come quella di molti altri ragazzi, trova il suo primo impiego presso le Regie Poste e si iscrive all’Università La Sapienza di Roma che frequenta per qualche anno prima dell’inizio della sua avventura in terra straniera.
Carlo Ponzi aveva verve, carisma, magnetismo e una mente fervida, non era certamente destinato ad occuparsi di affrancature e pacchi per tutta la vita anche se, ironicamente, proprio per le affrancature e i pacchi viene ricordato.
Infatti Carlo Ponzi è universalmente considerato uno dei più grandi truffatori della storia Americana, ed è Italiano. A 21 anni, nel 1903, arriva a Boston con soli 2 dollari e 50 centesimi, i risparmi che si era portato dall’Italia erano stati persi con il gioco d’azzardo durante la lunga traversata. Ma Ponzi non era certo un uomo che si perdeva d’animo e, quasi senza un soldo in tasca, inizia a fare qualche lavoretto in attesa di un’occasione.
Dopo qualche tempo trova lavoro come lavapiatti in un ristorante e viene notato dal proprietario che lo promuove cameriere. Un nuovo lavoro che riesce a tenersi per poco tempo, scoperto a imbrogliare i clienti sul resto viene licenziato in tronco.
Nel 1907 Ponzi ha 25 anni e si sposta in Canada, a Montreal, dove trova lavoro come consulente di una banca fondata da Luigi Zarossi, il Banco Zarossi. Il tasso di mercato era circa il 3% ma questa banca che gestiva i risparmi degli immigrati garantiva ben il 6% facendo, ovviamente, incetta di risparmi. Ben presto Ponzi, agendo da dentro la banca, si rende conto della situazione critica e delle difficoltà economiche della stessa, i cospicui interessi venivano pagati utilizzando il denaro dei nuovi correntisti, un sistema destinato a fallire ed infatti la banca fallisce e Zarossi scappa in Messico con il denaro rimasto in cassa. Ponzi trova un libretto di assegni incustodito e se ne intesta uno per $ 423,58 falsificando la firma di uno dei direttori della compagnia. Viene scoperto e passa tre anni, fino al 1911, in prigione.
Uscito dalle galere canadesi Ponzi ritorna negli Stati Uniti dove viene ben presto arrestato perché coinvolto in immigrazione clandestina di italiani, il carcere di Atlanta diventa la sua dimora per altri due anni. Poco dopo l’uscita di prigione Ponzi ritorna a Boston e conosce Rose Gnecco, una ragazza italiana che diventerà sua moglie nel 1918, Carlo Ponzi ha 36 anni. La sua mente è vulcanica, sempre alla ricerca di nuove idee e, molto in anticipo coi tempi, cerca di creare un unico volume con gli annunci pubblicitari dei vari commercianti, una sorta di Pagine Gialle che però, sfortunatamente, non riesce a trasformarsi in un business redditizio e l’impresa fallisce miserabilmente. Ma il destino aveva in serbo un’inattesa sorpresa…
Nonostante l’impresa di Ponzi fosse oramai fallita, qualche settimana dopo una società spagnola richiede informazioni in merito ai cataloghi e dentro la busta inserisce un Buono di risposta internazionale (IRC), una cosa che Ponzi, pur avendo lavorato per le Poste italiane, non aveva mai visto.
Nato il 26 maggio 1906 durante il congresso UPU (Unione Postale Universale) di Roma e venduto a partire dal 1° ottobre 1907 in una sessantina di paesi, il “buono di risposta internazionale” o IRC, è semplicemente un buono postale che consente al mittente di pagare la tariffa di risposta del ricevente nell'ambito di una corrispondenza internazionale. L’utilità del buono di risposta internazionale è indubbia, permette ai residenti di una nazione di rimborsare il costo della risposta del destinatario di un messaggio semplicemente utilizzando il buono per richiedere, nel proprio paese, i francobolli necessari alla risposta. Se la lettera richiede una risposta nello stesso stato di invio non ci sono, ovviamente, problemi poiché sarebbe sufficiente inserire dei francobolli validi in tutto il territorio dello stato, ma se la risposta è richiesta da una nazione diversa da quella del destinatario ecco che i francobolli non possono essere inviati perché non hanno alcun valore.
Con il buono di risposta internazionale è sufficiente recarsi in un ufficio postale per ottenere l’affrancatura minima per un invio di posta aerea per l’estero. In quegli anni i buoni venivano venduti al prezzo dell’affrancatura del paese di emissione, ma se nel paese dove venivano scambiati con francobolli, la tariffa era diversa ecco che era possibile fare un arbitraggio. Nel primo dopoguerra, in Italia, l’elevata inflazione aveva, di fatto, diminuito il costo dell’affrancatura in dollari statunitensi e Ponzi aveva immediatamente colto l’affare: acquistando i buoni in Italia e scambiandoli con francobolli statunitensi la cifra spesa e quella ricavata erano molto diverse.
Non vi è tempo da perdere e Carlo Ponzi costituisce immediatamente una società per gestire il business, la Securities Exchange Company che ha il curioso acronimo di S.E.C.
Nella sostanza l’affare consiste nel comperare gli IRC in Italia, spedirli in America e scambiarli con il controvalore in francobolli statunitensi, l’arbitraggio non è illegale e permette, sulla carta, profitti del 400%. Ponzi promette un tasso di rendimento del 50% in soli 90 giorni e inizia a raccogliere i primi capitali. Quella che segue è la ricevuta rilasciata dalla Securities Exchange Company di Ponzi ad ogni investitore, nero su giallo (il colore della ricevuta) si prometteva il 50% in soli 90 giorni.
The Securities Exchange Company, for and in consideration of the sum of exactly $1,000 of which receipt is hereby acknowledged, agree to pay to the order of ___________, upon presentation of this voucher at ninety days from date, the sum of exactly $1,500 at the company's office, 27 School Street, room 227, or at any bank.
The Securities Exchange Company,
Per Charles Ponzi.
L’affare esplode tra le mani di Ponzi, tutti vogliono entrare nel business anche perché si è sparsa la voce dei favolosi rendimenti che venivano, effettivamente, pagati. In pochi mesi il capitale raccolto da Ponzi cresce a una velocità inimmaginabile:
Febbraio 1920 $ 5.000
Marzo 1920 $ 30.000
Maggio 1920 $ 420.000
Non male considerando che sono dollari del 1920!
Gli agenti assunti da Ponzi per raccogliere fondi hanno gioco facile perché i primi investitori sono stati profumatamente remunerati e non c’è nulla di meglio del passaparola entusiasta per convincere anche i più scettici.
Charles Ponzi nel 1920 mentre sta per firmare una ricevuta.
Ma la realtà è ben diversa. Nella carta è possibile fare un arbitraggio ben remunerato, nella realtà i costi di acquisto, trasporto e conversione annullano qualsiasi convenienza dell’operazione. Questo era il segreto che Ponzi gelosamente custodiva e che, a quanti gli chiedevano lumi, ben celava sviando il discorso.
«Il mio segreto è: “come incasso i Buoni?” Questo è quello che io non vi dico!»
(Charles Ponzi)
Con l’aumentare dei fondi Ponzi comincia a pensare in grande, apre un conto nella Hannover Trust Bank e a luglio 1920, quando oramai ha raccolto svariati milioni di dollari, ne assume il controllo rilevando il 38% delle azioni.
L’acquisto delle banca serviva a rendere compatibili gli standard etici di chi avrebbe avuto la situazione sotto il naso, non c’era nessun business, semplicemente gli interessi venivano pagati con i soldi dei nuovi sottoscrittori e serviva una banca che non facesse troppe domande imbarazzanti. Ponzi è all’apice del suo successo, incredibilmente in pochissimi mesi da nullatenente è diventato milionario! Si scatena una vera febbre isterica, tutti vogliono investire nella società di Ponzi e la gente si ipoteca la casa per poter investire la maggior quantità di denaro possibile.
Ponzi viene intervistato dal New York Times e spiega il suo business:
«Scrissi ad un tipo in Spagna riguardo la rivista che avevo in mente e nella risposta ricevetti un Buono di risposta internazionale che potevo scambiare con francobolli americani per spedire loro una copia della rivista. Il coupon in Spagna costa l'equivalente di circa un centesimo di dollaro, e con quello qui ottenni sei centesimi di francobolli. Così, indagai sui tassi di cambio negli altri paesi, e provai prima la cosa su piccola scala. Funzionò. Il primo mese $1.000 divennero $15.000. Iniziai così a coinvolgere i miei amici. Accettai prestiti a 90 giorni pagabili $150 per ogni $100 ricevuti. Benché avessi promesso novanta giorni, li rimborsai in quarantacinque giorni.»
In quei giorni Ponzi riesce a raccogliere oltre $ 250.000 al giorno, una cifra incredibilmente alta per l’epoca. Ma è un castello di carta, Ponzi remunera gli investitori con i soldi dei nuovi flussi di denaro, tuttavia oramai è diventato un personaggio pubblico e molti cominciano a dubitare di lui e del suo business.
Alcuni investitori decidono di ritirare il loro denaro e Ponzi, senza fiatare li paga immediatamente, mettendo a tacere le voci di insolvenza che cominciavano a comparire.
Clarence Barron, un analista finanziario famoso, esamina attentamente la società di Ponzi e arriva alla conclusione che, per poter garantire quello che promette, Ponzi avrebbe avuto bisogno di 160.000.000 di Buoni di Risposta Internazionale, il problema è che in circolazione ve ne erano solamente 27.000. Una inquietante verità.
Gli investitori sono presi dal panico e assediano l’ufficio di Ponzi che, come se nulla fosse, restituisce $ 2.000.000 discutendo con gli investitori che, ancora una volta, si sentono rincuorati e decidono di lasciare i risparmi da lui.
Tutto il clamore della faccenda non deve essere sfuggito nemmeno ai dirigenti delle Poste che il 28 luglio 1920, con effetto dal 15 agosto, modificano i tassi di conversione postale per la prima volta dal dopoguerra, rendendo l’arbitraggio di Ponzi non più conveniente nemmeno a livello teorico.
Il 10 agosto gli agenti federali mettono i sigilli sia alla S.E.C. che alla Hannover Trust Bank e il 13 agosto Ponzi viene arrestato. Di buoni di risposta internazionale non si trova nemmeno l’ombra. 40.000 investitori che hanno conferito $ 15.000.000 sono gettati nella disperazione più profonda, i fatti sono evidenti e chiari, Ponzi viene processato e il 1 Novembre 1920 viene condannato per frode postale alla pena di 5 anni, ne sconterà solamente 3 e mezzo.
Appena uscito di prigione viene condannato ad altri 9 anni di carcere dalle autorità del Massachusetts, paga la cauzione in attesa del processo di appello e fugge in Florida, uno stato che sta vivendo il boom immobiliare degli anni 20.
Ponzi ne approfitta e organizza una truffa sui terreni ma viene scoperto e condannato a un anno di carcere, paga la cauzione e scappa in Texas per poi cercare di imbarcarsi alla volta dell’Italia sotto falsa identità. Viene scoperto e rispedito a Boston per scontare il resto della sua condanna, uscirà di prigione il 7 ottobre 1934 dopo aver scontato altri 7 anni di carcere.
Fuori dalla prigione trova un comitato di benvenuto, una folla inferocita e diversi giornalisti, le sue parole sono state: “cercavo guai e li ho trovati”.
Ponzi fu rimpatriato in Italia, la moglie chiese il divorzio. Dopo aver fatto diversi lavoretti si trasferisce a Rio de Janeiro e nel 1948 ha un ictus che lo paralizza parzialmente, la sua vita si conclude in un ospedale per poveri a Rio il 18 gennaio 1949, Carlo Ponzi aveva 67 anni.
Oggi si parla di “schema di Ponzi” intendendo uno schema truffaldino dove chi inizia per primo ottiene dei ritorni economici a spese dei nuovi “investitori” che finanziano inconsapevolmente lo schema. Ovviamente ogni schema di Ponzi è destinato a fallire miserabilmente lasciando con il cerino acceso in mano tutti gli investitori, una vera e propria truffa. Purtroppo la storia non è maestra di vita per chi non la conosce e quindi lo schema di Ponzi si ripete continuamente con qualche variante, le principali caratteristiche sono:
• Possibilità di realizzare ingenti guadagni in poco tempo e con poco rischio;
• Documentazione fumosa, parzialmente coperta da segreto o caratterizzata da investimenti speculativi di “alta finanza” non documentati chiaramente;
• Pubblico non competente in materia finanziaria o con grande fiducia personale riposta nell’organizzatore dello schema;
• Investimento legato ad un solo promotore o azienda o prodotto;
La rischiosità dell’investimento è elevatissima e cresce di pari passo con l’aumentare degli “investitori” che però non percepiscono il rischio poiché apparentemente il business è serio e solido, lo testimoniano i primi investitori regolarmente remunerati.
Ad ogni modo ci fu un bel da fare per ricostruire la vera contabilità della S.E.C., molti soldi erano stati spesi e i promotori venivano profumatamente pagati, il 19 dicembre 1928 la faccenda si chiuse definitivamente per gli investitori con il rimborso del 37% del capitale investito. L’errore di Ponzi fu quello di non fare come il suo vecchio datore di lavoro, Luigi Zarossi, che era fuggito con la cassa.
« Io ho dato agli abitanti di Boston il miglior spettacolo che sia mai stato visto sul territorio dai tempi dello sbarco dei Padri pellegrini! Valeva ben quindici milioni di verdoni il vedermi mettere su tutta la baracca. » (Charles Ponzi)