Il boom immobiliare in Florida
Un tempo di grande prosperità, così appariva il 1920 ai cittadini americani. L’automobile stava prendendo piede anche tra la classe media, oltre che tra i ricchi, e si cominciava a viaggiare per il Paese. Il lavoro non mancava e le paghe erano buone come pure i benefit, le vacanze e le pensioni. Le prospettive per il futuro erano rosee e la fiducia alle stelle. Nel 1920 l’attenzione degli investitori cominciò a concentrarsi sulla Florida e sul suo clima estremamente favorevole. Iniziò così la corsa all’acquisto di lotti di terreno e di immobili, dando inizio ad una grande bolla speculativa proprio su quello che è, nell’immaginario collettivo, il bene rifugio per eccellenza: il settore immobiliare.
La borsa iniziava a salire e il denaro abbondava nelle tasche di molti investitori che cominciarono a considerare piacevolmente il clima della Florida per le loro vacanze; il turismo si stava sviluppando e i primi astuti investitori iniziarono a fare incetta di beni immobili e terreni. A Miami casinò illegali e luoghi di incontri per ricchi e famosi iniziarono a diffondersi a vista d’occhio.
Il denaro circolava copiosamente, anche grazie all’abbondante credito disponibile, e quando si diffusero le notizie che in Florida i prezzi erano raddoppiati in poco tempo moltissimi nuovi investitori vollero acquistare terreni a fini speculativi. Ville con piscina, alberghi e campi da golf nascevano come funghi, i prezzi iniziarono a salire vertiginosamente e quadruplicarono in meno di un anno.
Le ondate di acquisti si verificarono con forza sempre maggiore grazie alla possibilità di pagare solo un acconto del 10%, rimandando il saldo a un tempo successivo. Ancora una volta gli investitori pensarono di investire il 100% in 10 quote del 10% sfruttando l’effetto leva e il momento favorevole. I prezzi salirono velocemente, nessuno si preoccupava di indebitarsi poiché la domanda era sostenuta e ci si aspettava che i prezzi raddoppiassero in pochi mesi.
Ovviamente la terra ha il difetto di non essere illimitatamente disponibile e, per accontentare la richiesta sempre maggiore da parte degli investitori, agli sprovveduti investitori si cominciarono a vendere anche terreni paludosi.
La realtà superò ogni fantasia: si vendevano terreni sul “lungomare” che però si trovavano a 10 km dall’acqua. Oppure meravigliose opportunità di investimento nei “dintorni” di Jacksonville, intendendo per dintorni una distanza di 100 km. Ma agli investitori poco importava poiché i prezzi continuavano a salire e non ci si concentrava su ciò che si stava comperando ma sul quanto si sarebbe realizzato vendendo pochi mesi dopo.
Per dare un’idea di come i prezzi esplosero basta pensare che una proprietà acquistata per 1.700 $ nel 1920 fu venduta a 300.000$ nel 1925, i prezzi erano talmente esorbitanti che nessun luogo era economico, un appartamento medio in un condominio poteva arrivare a costare come una super villa hollywoodiana con piscina. La Florida era considerata dagli investitori un paradiso terrestre, un eden utopico.
Nel gennaio 1925 Forbes pubblicò un articolo che commentava negativamente i prezzi raggiunti in Florida sottolineando come le quotazioni reggessero solamente sull’aspettativa di trovare un altro cliente disposto a comprare per la speranza di incrementi facili e non per il valore reale della terra.
Il 10 gennaio una nave danese, che sarebbe dovuta diventare un albergo galleggiante, affondò nella bocca di giramento del porto di Miami rendendolo impraticabile per molte settimane e iniziando a minare la visione di paradiso tropicale che la gente aveva. Era un grosso problema per i carichi attesi per le costruzioni, le ferrovie smisero di trasportare ogni bene che non fosse cibo e i prezzi dei beni di prima necessità salirono alle stelle. Le compravendite iniziarono a rallentare, i giorni in cui i terreni venivano venduti all’asta anche più di una volta in un giorno erano finiti.
Smisero di arrivare masse di nuovi investitori e i vecchi investitori iniziarono a vendere non trovando acquirenti. I prezzi iniziarono a scendere velocemente e le ipoteche non pagate causarono il fallimento di molti investitori. Anche la natura ci mise del suo e un terribile uragano devastò la Florida nel settembre del 1926. Miami fu devastata e audaci progetti di sviluppo come l’Isola di Lolando fallirono improvvisamente. Dopo l’uragano un’onda anomala distrusse oltre 13.000 case e 415 persone morirono. Come se non bastasse arrivò la mosca della frutta dal Mediterraneo che devastò i raccolti di agrumi. Venne a mancare l’indispensabile linfa fornita da nuovi investitori per sostenere i prezzi e cominciarono le vendite di massa. Il crollo dei prezzi fu inarrestabile, tutti volevano vendere anche perché molti acquisti erano stati effettuati a margine e quindi era necessario versare il controvalore pattuito.
Si salvò, al solito, solamente chi riuscì a vendere i terreni ai primissimi segnali di rallentamento della crescita. Per gli altri, i terreni in Florida divennero un investimento da dimenticare.
La voglia di speculazione si stava trasferendo verso altri strumenti finanziari e, si sa, quando i prezzi delle case scendono la borsa solitamente sale. La Florida ci mise anni a risollevarsi e, non risentì particolarmente del successivo crollo di borsa del 1929 né della grande depressione poiché aveva ormai ben poco da perdere.
Nel numero di Time del 13 giugno 2005 il giornale ha, ancora una volta con tempestività e ottimo intuito, pubblicato un articolo sulla mania per l’acquisto delle case. Il titolo del servizio, Home $weet Home, la dice tutta sull’opinione in merito all’incremento dei prezzi esplosivo. Due anni dopo, nel 2007, a causa dei prezzi elevati e del costo del denaro sempre maggiore scoppierà la bolla dei mutui subprime che costringerà molti possessori di case a vendere il proprio immobile all’asta. Il credito concesso troppo facilmente dalle banche è considerato, ancora una volta, una delle cause della crisi. Nel 2008, la banca d’affari Bear Stearns, rischierà il fallimento proprio a causa delle insolvenze sul pagamento dei mutui.