L'investitore ingenuo

Da traderpedia.
Jump to navigation Jump to search
Salto.jpg

Il primo modello d’investitore è quello dell’investitore ingenuo, nell’insieme definiti anche “parco buoi”, luogo ideale in cui si trova la maggior parte degli investitori che ritengono di avere un certo “fiuto” per la borsa e sono convinti di poter guadagnare senza impegnarsi nella ricerca e nella valutazione oggettiva dei titoli che si apprestano a trattare. In genere questo modo d’intervenire nel mercato risulta perdente nel medio periodo poiché si basa quasi sempre su dati non oggettivi e le scelte operative risentono eccessivamente dell’umore di chi investe. Tuttavia alcuni investitori, con notevole esperienza di borsa, riescono ad ottenere discreti risultati. In realtà, questi ultimi utilizzano regole e sistemi, solo a livello pratico e intuitivo, che hanno assimilato grazie alla propria esperienza nel corso degli anni.

Molto spesso operano secondo regole dettate da vecchi detti quali “vendi sul denaro, compra sulla lettera” oppure “vendi dopo tre giorni di denaro”. Si tratta, nella maggioranza dei casi, di relazioni fortuite, che si rivelano fruttifere per una minoranza d’investitori, grazie alla costante abbondanza di investitori ingenui il mercato risulta pieno di opportunità.

Un interessante elemento che accomuna gli investitori ingenui è la convinzione di essere più furbi del mercato, di aver trovato il modo di fare tanti soldi con poca fatica ed in poco tempo. Nella realtà i soldi che si fanno sono direttamente proporzionati al tempo ed alla fatica che abbiamo impiegato per ottenerli, esattamente come in qualunque altra professione al mondo. A nessuno verrebbe in mente di iniziare di punto in bianco a fare il chirurgo plastico o il fisico nucleare, solamente perché si possono fare tanti soldi; ci si renderebbe subito conto che per essere in grado di diventare un buon chirurgo od un fisico professionalmente preparato servono anni di studio, molta pratica e duro lavoro; certamente le soddisfazioni potrebbero così venire, ma nessuno è tanto sciocco da poter solamente pensare di iniziare un’operazione chirurgica prima di avere le basi necessarie.

In borsa molti investitori ingenui pensano di poter evitare sia la preparazione di base sia il perfezionamento raggiungibile solo con l’esperienza. Purtroppo non è così e generalmente se ne accorgono quando è troppo tardi. L’investitore ingenuo investe in borsa basandosi prevalentemente sulla propria “percezione del mercato”, i processi decisionali sono accompagnati da frasi che lasciano poco spazio alle tecniche operative, il “secondo me” trova preminente spazio in buona compagnia del “io credo” e “il mercato sbaglia”.

Quello che l’investitore ingenuo dimentica è che i massimi di mercato si formano sempre nelle fasi di euforia e i minimi in quelle di pessimismo, diventa così impossibile comperare sui minimi e vendere sui massimi basando la propria strategia operativa semplicemente sulla percezione che un investitore sviluppa. Questa categoria di investitore è piuttosto consistente e ogni rialzo di borsa ne crea un numero direttamente proporzionale all’ampiezza del rialzo stesso. La percentuale sul totale degli investitori raggiunge immancabilmente il culmine in contemporanea all’indice di borsa. Hanno un elevatissimo tasso di mortalità finanziaria e basta un accenno di ribasso per stroncare i più deboli. Quelli che sopravvivono abbastanza a lungo evolvono naturalmente verso uno degli stadi superiori occupati dagli investitori comuni, dagli speculatori o dagli investitori, che usano per le loro deduzioni l’analisi tecnica o l’analisi fondamentale.

La maggior parte degli investitori ingenui non riesce a superare il primo serio ribasso di borsa, ma la cosa più strana è che esiste un’elevata percentuale di investitori ingenui che rinnovano continuamente le file, sono come l’araba fenice: rinascono regolarmente dalle loro ceneri quando si ripresenta un nuovo rialzo di borsa.

Ne troviamo in abbondanza anche nelle fasi di ribasso ma, in questi casi, la maggior parte delle nascite avviene nelle fasi iniziali del ribasso. Più elevato è il loro numero, più ampio e duraturo si rivelerà il ribasso. Come la biologia marina non può fare a meno del plancton, così la borsa non può in alcun modo fare a meno degli investitori ingenui; senza il loro fondamentale apporto, il mercato, come lo conosciamo ora, cesserebbe di esistere in breve tempo.

Tutti gli investitori che operano in borsa con professionalità e successo hanno normalmente iniziato come investitori ingenui. Fa eccezione chi ha iniziato direttamente comportandosi come speculatore professionista, grazie ad una consistente disponibilità finanziaria. In questo caso i tempi per imparare sono notevolmente dilatati rispetto alla media degli altri investitori che vogliono diventare trader di successo.

Il mercato non guarda in faccia nessuno. Tanti investitori ingenui comprendono le difficoltà di operare sul mercato borsistico e tornano ai Bot o a qualche fondo obbligazionario a tasso fisso, altri passano la vita a lavorare per rimborsare i debiti. Avere la consapevolezza di dover primeggiare tra molti altri operatori è già un buon punto di partenza, guadagnare o perdere in borsa fa parte delle fondamentali regole del gioco. L’eventualità di perdere denaro deve essere prevista e con l’accettazione di questa possibilità svaniranno gran parte delle preoccupazioni che assillano il trader, tra queste lo stress, l’ansia, la paura e la delusione. Questi “sintomi da trading” sono il risultato delle aspettative non realizzate, l’esito delle speranze infrante, davanti a questi fallimenti si crea nella nostra mente un conflitto esistenziale, una scissione tra realtà e desiderio, ossia tra come vanno le cose e come vorremmo che esse fossero.

La perdita in borsa deve essere considerata come un costo industriale, un’esca per poter pescare. Gli investitori ingenui costruiscono istintivamente delle difese mentali contro le intrusioni di informazioni che contraddicono le proprie analisi, sono esempi tipici le frasi: «Il mercato non può fare questo, non è logico, il mercato sbaglia, secondo me...» e via di questo passo.
La nostra mente automaticamente distorce e seleziona le informazioni per creare meno conflitto possibile tra le nostre attese e quello che il mercato realizza. In questo modo generiamo un’infinità d’opinioni prive di validità e slegate da qualsiasi ragionamento causale. Spesso ci mettiamo al servizio delle nostre opinioni rinunciando a qualsiasi riscontro oggettivo sui fatti, quasi avessimo paura della realtà. Per capire come operare in borsa con cognizione di causa bisogna effettuare un attento esame di coscienza. È bene ricordare che dal mercato possono arrivare sgraditi colpi bassi dai quali ci si può difendere solo se si ha la consapevolezza di ciò che si conosce e dei propri limiti.

Se manca la consapevolezza l’investitore ingenuo si ritrova in banca, impacciato e privo di percezione del rischio. Spesso esordisce con la richiesta di «10.000 euro di Fiat» (o altri titoli potenzialmente equivalenti). Il funzionario di turno, di solito un teorico, a questo punto lo farà accomodare in un accogliente ufficio e ce la metterà proprio tutta per farlo sentire a suo agio, gli ricorderà che sì, la Fiat è una buona società, parlerà del più e del meno e alla fine, dopo avergli fatto fare un po’ di firme, si accomiaterà con una stretta di mano ed il fatidico: «Stia tranquillo signore che il titolo è buono e le darà grandi soddisfazioni». Per il momento l’investitore non avverte minimamente la necessità di comprendere ciò che accade alle quotazioni del suo titolo, non percepisce il bisogno di avere un metodo su cui basare i movimenti e ancor più lontano è il bisogno di ricorrere a forme di disciplina che lo costringano alla coerenza operativa. È tutto così semplice, bastano un paio di firme, e saper aspettare tre o quattro mesi per poi ripresentarsi in banca per “rinnovare le Fiat e ritirare gli interessi”. Se le cose sono andate per il verso giusto si cerca di ripetere la fortunata operazione; se invece il titolo è sceso, puntuale arriva la consapevolezza, o la presa d’atto, di aver agito da sprovveduto e la preoccupazione sorretta da un gran peso allo stomaco non si fa attendere.

Generalmente il funzionario cercherà di sostenere l’investitore con la tipica frase: «Stia tranquillo che il titolo è buono, solo se lo liquida accusa la perdita, senza vendita non ci sono danni...». A volte gli suggerisce di comprare altre 500 Fiat dicendo: «Sa, il titolo è buono, adesso c’è il vantaggio che si può comprare a prezzi scontati, così possiamo mediare il prezzo». Se il titolo è sceso vistosamente, ad esempio oltre il 20%, la tentazione di comprare altre 500 azioni a prezzi così “vantaggiosi” è veramente alta. Cedere a questo tipo di lusinghe comprando altri titoli che sono in perdita per applicare la “regola di mediare i prezzi” significa avere perso completamente il senso della consapevolezza. I danni economici non si faranno attendere ed insistendo su questa linea di condotta nemmeno quelli fisici tarderanno a comparire. Se le cose sono andate per il verso giusto e il titolo è salito, arriva l’euforia che ci fa sentire speculatori nati, della consapevolezza non si vede nemmeno l’ombra, ogni traccia è svanita; s’investe qualche euro per comprare “IlSole-24Ore” e “Milano Finanza”, sicuri che ora potremmo avere tutte le notizie che ci permetteranno di scegliere fra molti titoli sicuramente promettenti.

L’entusiasmo per aver colto qualche indicazione che fa ben sperare spinge a correre subito a casa per racimolare tutti i risparmi disponibili, a volte ricorrendo perfino ad amici e parenti pur di rinforzare il gruzzolo da investire, per poi ritornare frettolosamente in banca e puntare tutto sul titolo promettente. In questo caso il titolo più promettente è quello che, oltre ad avere un nome famoso, ha subito consistenti ribassi negli ultimi mesi, meglio se le quotazioni sono vicine al suo minimo storico. Solo più tardi riecheggeranno alcune riflessioni sulla consapevolezza, ricorderemo, infatti, che investire su titoli in trend ribassista significa porre le basi per generare diminuzioni sul capitale investito.

Diffusa e senza bisogno di alcun commento è l’asserzione che molti investitori ingenui fanno quando sostengono che acquistare un titolo a 90 se due giorni prima quotava 100 significa aver già guadagnato 10. Il ritorno a casa con la consapevolezza sulle spalle è una fase molto delicata per l’investitore ingenuo.
È questo il punto in cui moltissimi di loro ritornano alle sane abitudini dei Bot e in borsa non ci metteranno più piede fintanto che non impareranno a riscoprire e apprezzare la compagnia della consapevolezza. Dopo un periodo che va dai pochi mesi a qualche anno, una volta scordato l’acquisto delle Fiat, impareremo a vendere i titoli in perdita per tenere quelli in utile. Quando ci troveremo a riflettere sul perché di quelle perdite, non trovando alcuna giustificazione plausibile concluderemo affermando sconsolati: «Ma chi me lo ha fatto fare?». Chi non ha vissuto quest’esperienza ha certamente iniziato in un modo migliore quel lungo cammino che, se compiuto correttamente, non mancherà di dare molte soddisfazioni.

Per il momento dobbiamo accontentarci di accettare le perdite, che hanno immancabilmente costellato le tappe sul percorso compiuto anche da molti altri trader. In questi casi non ci si ferma al «ma chi me lo ha fatto fare”. Si prosegue, invece, nella ricerca delle cause per capire cosa possa essere effettivamente successo e come sia potuto accadere. Nasce l’esigenza di conoscere, di confrontarsi, di studiare, di tornare in sella per cavalcare la situazione. Se poi il ribasso è prolungato e i consigli dell’operatore sono stati particolarmente dannosi per le finanze dei clienti, ecco che si risolve il tutto da un giorno all’altro cambiando il responsabile dell’ufficio.

Citazioni:

  • «Mai chiudere una posizione in perdita, solo vendendo si rende reale una minusvalenza…». (Anonimo investitore ingenuo)

Vedi anche: