Bear Stearns. Homes Make Happiness

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Versione del 12 feb 2012 alle 14:06 di imported>Stefano Fanton
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Bear Stearns è una grossa banca d’affari quotata a Wall Street con circa 15.000 dipendenti nel mondo, fondata nel 1923 da Joseph Bear, Robert Stearns e Harold Mayer. Il quartier generale è al 383 di Madison Avenue, Manhattan (New York) ed ha uffici ad Atlanta, Boston, Chicago, Dallas, Denver, Los Angeles, San Francisco e San Juan. Oltre a Londra, possiede una presenza internazionale con uffici a Beijing, Dublino, Hong Kong, Lugano, Milano, San Paolo, Shangai, Singapore, e Tokio.

Dal sito internet www.bearstearns.com:
The Bear Stearns Companies Inc. (Nyse: Bsc) is the parent company of Bear, Stearns & Co. Inc., a leading global investment banking, securities trading and brokerage firm. Since 1923, we have helped corporations, institutions, governments and individuals reach their financial objectives. Clients have come to rely on the breadth of our expertise, our commitment to client service and our innovative approach to problem-solving. Talented professionals join Bear Stearns because of our unique corporate culture. Based on respect, integrity, meritocracy, innovation and a commitment to philanthropy, these guiding principles serve as blueprint for the way that we do business.

Le linee guida della società, la quinta banca d’affari quotata a Wall Street, sono quindi:

• rispetto
• integrità
• meritocrazia
• innovazione
• impegno alla filantropia

E non si può certo dire che queste linee guida siano state disattese dal management della banca visto che, nel 2005 e nel 2007, Bear Stearns è stata riconosciuta “Most admired securities firm”, un prestigioso riconoscimento per il talento, la qualità del management e l’innovazione negli affari. Ciò nonostante il 2007 si chiude con una perdita di capitalizzazione del 33%.

Che questa banca abbia nel nome la parola “bear” (orso, in inglese) non sembra inquietare particolarmente gli investitori, solitamente molto superstiziosi, che acquistano sia il titolo sia le numerose obbligazioni emesse dalla banca d’affari. D’altronde l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha assegnato un rating di lungo termine “A” e uno di breve termine “A-1” alla banca e quindi si tratta di investimento a basso profilo di rischio.

Le stime per il 2008 sono in linea con quelle del 2007 mentre il patrimonio netto per azione è visto in crescita.

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I problemi di Bear Stearns iniziarono quando le case smisero di fabbricare felicità.

Una banca ha, tra le tante attività, anche quella di prestare il denaro a chi lo chiede e molti dei prestiti erogati hanno come oggetto degli immobili, il più delle volta la casa dove si andrà ad abitare. Per acquistare una casa solitamente ci si reca in banca, si chiede l’accensione di un mutuo, si forniscono adeguate garanzie e si riceve il denaro necessario all’acquisto, la casa viene ipotecata e se ne riparlerà tra 20 anni.

Anche Bear Stearns concedeva prestiti ai propri clienti che, se non potevano fornire adeguate garanzie, accedevano ai famosi mutui subprime o B-paper, prestiti che vengono concessi a soggetti che non possono accedere ai tassi di mercato. Emettere mutui subprime conviene alla banca che spunta interessi maggiori, assumendosi il rischio di insolvenza da parte del debitore. Fino a quando i tassi sono bassi tutto va bene, ma se i tassi di interesse aumentano, i prezzi delle case crollano e l’economia produce nuovi disoccupati che non riescono più a pagare le rate sempre più care, allora iniziano i problemi.


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Questo vecchio certificato azionario della Bulding&Loan Association ha uno slogan inserito nella grafica: “Homes make happiness” (le case fanno la felicità). Difficilmente gli azionisti della Bear Stearns si troveranno a sottoscrivere questa affermazione.


Concentriamo ora la nostra attenzione sulla situazione tecnica di Bear Stearns analizzando il grafico.

Il 31 dicembre 2007 la quotazione di Bear Stearns si assesta a 88,25$, poco più del 50% di quello che quotava a maggio 2007; la tendenza è chiaramente ribassista, ogni reazione al rialzo è inferiore a quella precedente e origina un minimo inferiore. Il 22 gennaio 2008 il titolo scende fino a quota 68,18 dollari e, dopo aver disegnato un doppio minimo inizia un rimbalzo che porta le quotazioni sopra i 90 dollari per azione in tre giorni.

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Bear Stearns Inc. Test di quota 70. Grafico candlestick giornaliero.


Segue un movimento laterale e una lenta discesa dei corsi fino al 6 marzo quando, nel mercato, si fa sempre più insistente la voce che Bear Stearns stia attraversando una seria crisi di liquidità. Il 10 marzo le azioni della banca crollano del 10,82% trascinando al ribasso tutti i titoli del credito: Citigroup -5,75%, Lehman Brothers -6,95%, JP Morgan -2,93% e Merrill Lynch -5,27%. Bear Stearns dichiara che le voci sulla crisi di liquidità sono infondate ma il mercato non sembra crederci.


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Bear Stearns Inc. Rottura di quota 70. Grafico candlestick giornaliero

Tra il 6 e il 10 marzo i corsi perdono circa 15 dollari ad azione. Il 10 marzo la pressione in vendita sulle obbligazioni delle principali banche americane è talmente elevata che i market maker smettono di esporre i prezzi in acquisto.

Chi vuole vendere non lo può fare.

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Il panico degli obbligazionisti si è scatenato quando Moody’s ha declassato 163 obbligazioni di 15 cartolarizzazioni legate ai mutui emesse da Bear Stearns, non mutui subprime ma di categoria superiore, la Alt-A erogata alla clientela ritenuta affidabile e di cui Bear Stearns è uno dei principali emittenti di cartolizzazioni.

Moody’s, in un comunicato stampa, dichiara: «Il rating è stato tagliato a causa dell’aumento dei mancati rimborsi delle rate, sono sotto osservazione, per ulteriori declassamenti, anche altre obbligazioni».

Le quotazioni di Bear Stearns risentono pesantemente del declassamento del rating. Gli investitori temono che se i clienti faticano a pagare le rate la banca possa rischiare di soffrire di crisi di liquidità. La capitalizzazione in borsa scende a poco più di 8 miliardi di dollari. Dopo un paio di giorni di relativa calma i prezzi tornano a scendere, il 13 marzo il titolo perde il 7,44%, il 14 marzo il 47,37%, una perdita record dovuta all’ammissione da parte della banca di una gravissima crisi di liquidità il presidente e amministratore delegato, Alan Schwartz, ammette che «la situazione finanziaria si è gravemente deteriorata».
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Bear Stearns Inc. 13 marzo 2008 14 marzo 2008

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Bear Stearns chiede l’aiuto di JP Morgan e della Federal Riserve, che forniscono finanziamenti “non recourse back-to-back” con scadenza a 28 giorni, un particolare prestito che il creditore perde in caso di insolvenza del debitore.

«Abbiamo compiuto questo passo per ripristinare la fiducia in noi rafforzando la nostra liquidità e consentendoci di proseguire con l’operatività ordinaria», ha dichiarato Schwartz, aggiungendo che «non vi sono garanzie che il salvataggio permetterà all’azienda di continuare a operare regolarmente. Per questo motivo JP Morgan sta lavorando a stretto contatto con Bear Stearns per trovare finanziamenti permanenti o altre alternative per il gruppo».

Va ricordato che solo pochi giorni prima Bear Stearns aveva smentito le voci sulla crisi di liquidità dovuta all’esposizione verso il mercato dei mutui. Le linee guida della società, in particolare quelle sul rispetto e sull’integrità, sono state disattese, almeno in questa occasione.

Un simile tracollo delle quotazioni non si vede certo tutti i giorni, la rappresentazione su grafico giornaliero è impressionante, i volumi scambiati sono elevatissimi.

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Bear Stearns Inc. Tracollo delle quotazioni. Grafico candlestick giornaliero.


Anche il grafico intraday a 5 minuti è assolutamente interessante, il tracollo non è avvenuto in apertura ma durante i primi 35 minuti di contrattazione.

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Bear Stearns Inc. Tracollo delle quotazioni. Grafico candlestick intraday a 5 minuti.


Gli operatori rimangono esterrefatti, senza parole in grado di spiegare quello che è successo in pochi giorni. Carl Lantz del Credit Suisse dichiara: «Il finanziamento concesso dimostra come Bear Stearns non abbia il denaro sufficiente per andare avanti e a livello generale non si tratta di una notizia confortante per l’intero settore bancario. Con l’operazione odierna Bear Stearns ha di fatto ammesso di non avere mezzi finanziari. Insomma, la banca ha gravi problemi di solvibilità».

Le origini dei problemi di Bear Stearns sono da ricercare nella prima metà del 2007 quando è scoppiata prepotentemente la crisi del credito e dei mutui negli Stati Uniti: il fallimento di due fondi speculativi specializzati sui mutui subprime gestiti da Bear Stearns avevano lasciato un buco da coprire di due miliardi di dollari. L’amministratore delegato Alan Schwarz dichiara: «Bear Stearns è stata costretta a cercare finanziamenti d’emergenza dopo che in molti hanno chiesto alla banca il rimborso dei propri soldi. Le domande sono arrivate da clienti, creditori e controparti, la crescente richiesta dei riscatti da parte della clientela ha creato enormi problemi al gruppo».

Il presidente della Fed, Ben Bernanke, apre a una ulteriore riduzione dei tassi d’interesse per evitare che la crisi finanziaria divenga incontrollabile: «Un abbassamento dei tassi allevierebbe i rischi per chi ha contratto mutui ipotecari. È necessario adottare strategie per garantire che i cittadini americani non perdano le proprie abitazioni sulla scia della crisi dei mutui esplosa negli Stati Uniti. La crisi è generalizzata, i ritardi sui pagamenti stanno aumentando in tutti i segmenti di mercato e in particolare riguardano quei proprietari di case che hanno sottoscritto mutui sofisticati senza capire appieno le condizioni del contratto».

Nella notte tra il 16 e il 17 marzo la Fed, inaspettatamente, taglia il tasso di sconto portandolo al 3,25%. Erano 30 anni che la Fed non interveniva con una decisione d’urgenza durante il weekend, ma non si tratta della sola notizia destinata ad agitare il sonno a molti investitori: JP Morgan Chase annuncia l´acquisizione di Bear Stearns per 236,2 milioni di dollari, ossia per 2 dollari ad azione.

L’operazione, approvata da entrambi i consigli di amministrazione, verrà fatta attraverso lo scambio di titoli. Il basso prezzo è stato deciso perché JP Morgan garantirà le obbligazioni commerciali di Bear Stears e delle sue filiali. Ai prezzi di venerdì 14 marzo, quindi, Bear Stearns capitalizza 4 miliardi di dollari. D’altronde, il fallimento di Bear Stern, una delle cinque maggiori banche d’investimento di Wall Street, scatenerebbe una crisi di fiducia con possibili effetti domino per altri istituti finanziari. Assolutamente impensabile.

Standard & Poor’s taglia il rating di lungo termine di Bear Stearns da “A” a “BBB” come conseguenza del deterioramento della liquidità della banca.

Vista l’enorme quantità di azioni scambiate venerdì è facile immaginare come molti investitori siano con il fiato sospeso in attesa dell’apertura dei mercati: con un ribasso del 7,44% seguito da un -47,37% non è difficile immaginare quanti acquisti siano stati effettuati sperando in un rimbalzo o per mediare i prezzi di carico. Una cattiva abitudine che è dura da sradicare. Lunedì 17 marzo 2008 Bear Stearns vive il suo giorno più difficile, il “crepuscolo degli Dei” per dirla alla Wagner, un tracollo epico.


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Bear Stearns Inc. 17 marzo 2008.


Quasi 84 punti percentuali di ribasso, il grafico giornaliero è quasi irreale, un gap dei prezzi che ben difficilmente si chiuderà a breve.


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Bear Stearns Inc. Secondo tracollo delle quotazioni. Grafico candlestick giornaliero.


Anche il grafico intraday a 5 minuti è degno di nota: i minimi sono toccati in apertura e questo è un bel segno per la sessione successiva. Una magra consolazione.

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Bear Stearns Inc. Secondo tracollo delle quotazioni. Grafico candlestick intraday a 5 minuti.


Sempre il 17 marzo Citic Securities ritira la sua offerta da un miliardo di dollari su Bear Stearns con cui doveva costituire una joint venture. Il tempismo del crollo è stato provvidenziale.

L’acquisto di JP Morgan, con l’assenso della Fed, non è un’operazione da poco in un mercato liberista come quello degli Stati Uniti, gli azionisti sono rimasti scioccati dal tracollo del titolo e molti giudicano assolutamente inadeguata l’offerta di due dollari per azione.


Sul Financial Times l’ex presidente della Fed, Alan Greenspan, in un editoriale osserva: «L’attuale crisi finanziaria negli Stati Uniti verrà probabilmente giudicata come la più grave dalla seconda guerra mondiale, la crisi finirà quando i prezzi delle case si stabilizzeranno e con essi anche i prezzi dei prodotti finanziari collegati ai prestiti ipotecari. A quel punto le istituzioni finanziarie dovranno ricapitalizzarsi o fallire.
La fiducia nella solvibilità delle controparti superstiti verrà gradualmente ristabilita e l’emissione di prestiti e titoli lentamente tornerà a livelli normali. Prima che i prezzi delle case possano stabilizzarsi bisognerà che il tasso di liquidazione delle scorte di abitazioni raggiunga il suo massimo, ma questo punto è ancora lontano un numero di mesi indeterminato.
La crisi lascerà molti feriti e sarà colpito in modo particolarmente duro buona parte del sistema di valutazione dei rischi di oggi, i cui modelli matematici non hanno avuto la capacità di cogliere le innate risposte umane che si trasformano in oscillazioni tra paura ed euforia e che si ripetono di generazione in generazione senza che ci sia prova di una curva di apprendimento».

JP Morgan ha acquistato Bear Stearns valutandola appena due dollari per azione (pari a 0,05472 azioni JP Morgan) contro i 30 dollari segnati alla chiusura di venerdì che corrispondevano ad una capitalizzazione di 4 miliardi di dollari. Un prezzo così basso (pari a 236,2 milioni di dollari) è stato calcolato ipotizzando costi per 6 miliardi di dollari al lordo delle tasse.

James Dimon, numero uno di JP Morgan, è stato messo a conoscenza della situazione drammatica di Bear Stearns giovedì sera mentre festeggiava il suo 52° compleanno e venerdì, d’intesa con la Fed di New York, ha annunciato il soccorso e l’acquisizione di Bear Stearns che altrimenti sarebbe, con tutta probabilità, fallita.

Dal comunicato di Dimon: «Clienti e controparti di Bear Stearns devono sentirsi rassicurati dal fatto che JP Morgan ne garantisca i relativi rischi. Accogliamo con favore clienti, dipendenti e controparti presso la nostra banca e siamo lieti di essere loro partner».

Questa operazione è stata uno dei più grossi salvataggi della storia finanziaria Usa. Per scongiurare il fallimento di Bear Stearns la banca centrale Usa ha infatti deciso di sostenerne, con fondi per 30 miliardi di dollari, la copertura degli asset con maggiori problemi di liquidità.

Il 18 marzo si assiste a un rimbalzo che tuttavia non dimostra la necessaria convinzione. Dal massimo di 8,5 dollari il titolo chiude solamente a 5,91, molto più vicino ai minimi che ai massimi. Infatti, il giorno dopo, con un -9,81% si brucia quasi la metà del rimbalzo.


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Tuttavia, tecnicamente parlando, il movimento ribassista è interrotto e ha generato nuovi supporti e nuove resistenze, inoltre cominciano a circolare con insistenza voci che vedono possibile un aumento dell’offerta di JP Morgan: si parla di 10 dollari per azione.

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Bear Stearns Inc. Rimbalzo delle quotazioni. Grafico candlestick giornaliero.


Le tensioni sui prezzi non sono finite e permettono veloci profitti, il 24 marzo si assiste a un rialzo spettacolare dell’88,76% che porta i corsi sopra i 10 dollari per azione, il nuovo prezzo offerto da JP Morgan. Fine dei giochi, l’offerta viene accettata.

 

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Forse il destino di Bear Stearns Companies Inc. era già scritto nel nome della compagnia. Chissà se le cose sarebbero state ugualmente disastrose se invece del Bear (Orso) ci fosse stato un Bull (Toro), animale dal migliore auspicio tecnico.
Bull Stearns Companies Inc. suona molto bene …


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