Il crollo del 1987
Non ci puó essere perchè la speculazione è vecchia come le colline.
Ció che accade nel mercato oggi è accaduto prima ed accadrà ancora."
(Jesse Livermore)
Il crollo della borsa di Wall Street di lunedì 19 ottobre 1987 ha delle caratteristiche particolari che lo rendono profondamente diverso, sia nel calo delle quotazioni che negli effetti che generò, dal grande crollo del 1929. Per prima cosa la durata: il crollo del 29 ci mise 25 anni a riassorbire le ferite che aveva causato, mentre il crollo del 1987 fu riassorbito in pochi mesi e ci vollero meno di due anni per toccare un nuovo record storico.
Inoltre, mentre nel crollo del 1929 il calo delle quotazioni fu progressivo e distribuito su più giornate, nel 1987, in un solo giorno, l’indice Dow Jones perse 508,32 punti pari al 22,6% della propria capitalizzazione: oltre 500 miliardi di dollari persi nel più grande crollo giornaliero di tutti i tempi. Fino ad ora. Ovviamente un così grande ribasso è estremamente contagioso e per la fine di ottobre la borsa di Hong Kong perse il 45,8%, quella australiana il 41,8%, la borsa spagnola il 31%, quella inglese il 26,4%, quella del Canada il 22,5%.
I termini, ormai entrati nel gergo comune degli investitori, “lunedì nero” e “venerdì nero” derivano dai ribassi del 1929 iniziati proprio con un venerdì nero, il 24 ottobre. Oramai è attesa comune aspettarsi un ulteriore tracollo delle quotazioni il lunedì, se il venerdì il mercato crolla. Un crollo simile non si era mai visto e per trovare un altro ribasso degno di nota bisogna andare al 17 settembre 2001, il primo giorno di ripresa delle quotazioni dopo l’attacco dell’11 settembre 2001. Il 1987, tuttavia, nonostante il crollo del 19 ottobre, si concluse con una variazione positiva rispetto al 1986: il 2 gennaio 1987 l’indice Dow Jones quotava 1.897 punti e il 31 dicembre 1.939 punti; una piccola ma significativa variazione, anche se il massimo dell’anno è stato toccato il 25 agosto 1987, a 2.722 punti con un rialzo di oltre il 40% da inizio anno.
Il colpevole del crollo fu individuato nei trading system che eseguivano direttamente gli ordini di vendita permettendo anche delle strategie di arbitraggio. Furono senz’altro una causa dell’ingigantirsi della pressione in vendita, anche se molti economisti videro nel crollo solamente il ritorno alla normalità.
E in Italia cosa accadde? Fortunatamente il crollo fu limitato ad un “modesto” -6.41%.
Tuttavia il crollo del 1987 interruppe definitivamente il clima di euforia e nel 1993, 6 anni dopo, le quotazioni dell’indice Comit erano ancora al di sotto del massimo storico, pur avendo ormai toccato il punto più basso.
Finalmente a luglio 1997, a 10 anni dal massimo storico, si assistette al nuovo record storico e fu nuovamente boom. La memoria finanziaria, si sa, ha una vita effimera.