Ralph Nelson Elliott
Nel 1871, nell’epoca della conquista del West e del boom della ferrovia, nasce in California Ralph Nelson Elliott il padre della “Teoria delle onde.” Le ferrovie ebbero, inizialmente, un ruolo centrale nella vita di Elliott: nella sua giovinezza lavorò come telegrafista, dispaccista ferroviario, agente di stazione, stenografo e contabile del settore ferroviario prima, e in quello dei pubblici servizi poi.
Wall Street era lontana anni luce dal mondo di Elliott, tutto si sarebbe potuto pensare tranne che un giorno di Ralph Nelson Elliott sarebbe stato ricordato per i suoi contributi originali e dirompenti all’analisi tecnica dei mercati finanziari.
La vita di Elliott, non procedette sui binari uniformi di un treno. Lo studio della contabilità faceva presagire un futuro come autore di testi scolastici piuttosto che di studioso dei mercati azionari. Come lui stesso amava sottolineare, l’applicazione del principio delle onde sul mercato azionario avveniva solo durante «la quinta onda della sua vita», quando, a 64 anni, iniziò una nuova avventura che lo consacrerà tra gli studiosi dei mercati più conosciuti. Ma facciamo un passo indietro, cercando di capire come Elliott sviluppò la sua famosa teoria delle onde.
La carriera di contabile procedeva a gonfie vele, Elliott trascorse sei anni a New York, redigendo rendiconti e situazioni patrimoniali per caffè e ristoranti, alcuni dei quali, per ironia della sorte, dislocati proprio nella comunità finanziaria di Wall Street. Non si può certo dire che questa occupazione fosse giudicata secondaria o temporanea da Elliott, il quale al contrario andava convincendosi che si sarebbe occupato di giornalmastri e bollette fino alla fine dei suoi giorni. Né si può dire che la sua fosse un’attività di routine: sebbene localizzato a New York, il suo impiego lo portava a viaggiare molto, passando dal Canada all’Europa, dalla costa occidentale degli Stati Uniti all’America Centrale.
Ma Elliott si stava affermando nell’arte della contabilità con sempre maggior convinzione, visto che ricoprì spesso incarichi esecutivi in compagnie ferroviarie del Messico e dell’America Centrale, dove fu chiamato per compiti di ristrutturazione e riorganizzazione. All’inizio degli anni ’20 tornò ad occuparsi di ristoranti e in questo campo la sua preparazione era tale che iniziò a scrivere regolarmente articoli per il periodico specializzato “The Room and Gift Shop Magazine”. Nel 1924 la Columbia University lo invitò a discutere del tema nelle sue aule e più tardi iniziò a scrivere un libro che fu pubblicato nel 1926 dalla Little Brown & Co. con il titolo: “The Room and Cafeteriae Management”, e che ebbe l’onore di essere recensito dal “New York Herold Tribune”.
Uno dei più profondi conoscitori di Elliott, Robert Prechter jr., ha sottolineato la sua cura e meticolosità non solo negli aspetti sostanziali del testo, ma anche in quelli più squisitamente estetici e formali, tutti elementi che rispecchiavano la sua personalità e che si sarebbero ritrovati più tardi nella stesura delle opere per cui oggi è ricordato.
Alla fine del 1926, durante uno dei suoi numerosi viaggi in America Centrale, Elliott fu colpito da una malattia all’apparato digerente causata da un’ameba istolica, che lo costrinse a dimettersi dal suo incarico presso le ferrovie centroamericane e a ritirarsi a Los Angeles. Il suo stato comunque gli consentì di dedicarsi ad una intensa attività di marketing a favore delle sue pubblicazioni, così Elliott impiegò i primi sei mesi dell’anno inviando copie dei suoi libri a librerie specializzate, preparando recensioni e individuando la clientela di una sua improbabile nuova attività come consulente amministrativo di esercizi pubblici. Ma la malattia che lo aveva colpito, invece di migliorare, peggiorava sempre più. Nel 1929 le sue condizioni si svilupparono in un caso di anemia perniciosa, che provocava febbre cronica, dissenteria e perdita di peso. Parecchie volte negli anni successivi Elliott fu vicino alla morte, ma in tutti i casi, per sua fortuna, riuscì a sfuggirle. Ad ogni modo i propositi di costituire un’impresa di consulenza dovettero essere abbandonati.
Elliott visse gli anni del boom economico americano, della febbrile attività produttiva, e delle conseguenti speculazioni spettacolari in borsa, tutti potevano facilmente arricchirsi, bastava andare in banca e farsi prestare del denaro. Del resto era sufficiente versare un margine di appena il 10% per operare in borsa, tanto era elevata la possibilità di fare profitti. Ma, quando il mercato azionario americano, nell’ottobre del 1929, subì il più grave crollo della sua storia, la realtà fu sotto gli occhi dei risparmiatori che guardavano increduli i loro risparmi volatilizzarsi.
Tutti questi avvenimenti eccitarono la mente di Elliott che fece di necessità virtù e approfittò della malattia che lo costringeva a letto per avvicinarsi allo studio del comportamento del mercato azionario. Passaggio obbligato fu lo studio della teoria di Dow e delle opere dei suoi allievi, in particolare Robert Rhea, con il suo libro “Dow theory comment”.
Elliott seguì il classico percorso di ogni appassionato di trading, lesse tutto quello che c’era da leggere e condusse una lunga serie di studi sui grafici della borsa americana su base annuale, mensile, settimanale, giornaliera, fino ai 30 minuti, coprendo 75 anni di storia. Nel 1934 gli si parò davanti agli occhi la scoperta che gli rivoluzionò l’esistenza: il comportamento del mercato era riassumibile e sintetizzabile in una serie di principi applicabili in ogni arco temporale e in ogni mercato. E fu così che, all’età di 64 anni, Elliott iniziò quella che più tardi etichettò come la “quinta onda” della sua vita.
Ma Elliott doveva fare i conti con la dura realtà. I suoi risparmi erano stati completamente prosciugati dalle spese conseguenti alla sua malattia e anche a causa del prolungato periodo di inattività professionale, delle spese familiari e di alcuni investimenti all’apparenza sicuri ma che naufragarono nel mercato orso del 1929-1932.
Il 1934 era ormai alla fine e lo stato delle teorie di Elliott era giunto ad un livello talmente avanzato che decise di renderle parzialmente pubbliche. Elliott era da tempo abbonato ad una pubblicazione della Investment Counsel, una società fondata e diretta da Charles Collins, il quale, in data 2 dicembre 1934, si vide recapitare una lettera contrassegnata dalla dicitura “personale e confidenziale” in cui Elliott spiegava di aver scoperto una nuova caratteristica del mercato azionario che andava ad integrare la teoria di Dow. Questa caratteristica, secondo Elliott, si poggiava su tre pilastri:
1. identificazione della struttura delle onde;
2. classificazione del loro grado;
3. previsione temporale.
Le richieste di Elliott erano obiettivamente modeste, tutto quello che chiedeva a Collins era il finanziamento delle spese per il viaggio fino a Detroit, onde consentirgli di illustrare dettagliatamente le sue teorie; eventualmente, Collins avrebbe potuto impiegare le sue previsioni nelle newsletters, senza menzionare il vero autore. Ma Collins era prudente, e così rispose a Elliott di continuare a inviargli le sue previsioni per qualche tempo, onde consentirgli di verificare la fondatezza di quanto asserito.
Elliott capiva bene come Collins fosse stressato da decine di lettere che quotidianamente giungevano sulle sue scrivanie, provenienti da pseudo analisti che affermavano di aver scoperto finalmente le leggi che regolavano il mercato. Comprendeva quindi il suo scetticismo, ma le sue condizioni finanziarie non gli permettevano di attendere il test del tempo, così tornò nuovamente alla carica, spedendo a Collins un’esposizione sintetica del suo “Principio delle cinque onde”.
La corrispondenza fra i due fu particolarmente intensa fra la fine del ’34 e l’inizio del ’35, ed è istruttivo osservare come nelle lettere di Elliott ci fosse un fermo convincimento nella virtù dell’iniziativa individuale, contrapposto ai danni provocati dall’intervento governativo. In una lettera in particolare, Elliott denunciò fortemente “il connubio anticostituzionale senza precedenti fra politica ed economia”.
Collins iniziò a rispondere personalmente alle lettere di Elliott solo all’inizio del ‘35, pur congratulandosi per la precisione delle previsioni, lamentava le incertezze su cui si poggiava la teoria, incertezze che talvolta spingevano Elliott a cambiare idea e a ricontare le onde. Con pari cortesia, Elliott rimarcò come nemmeno le tanto affermate newsletters di Collins, fra le migliori circolanti sul mercato, fossero immuni da difetti e ripensamenti dell’ultimo momento. Più tardi, Collins gli venne incontro, offrendogli di gestire un piccolo patrimonio e di iniziare a scrivere alcune newsletters da destinare ad un numero ristretto di sottoscrittori; nel frattempo, si sarebbe impegnato a presentarlo ad alcuni importanti analisti, fra i quali c’era Robert Rhea.
Il 15 febbraio, Elliott inviò a Collins uno scritto, intitolato “The wave principle”, contenente tutti i concetti e i principi fino ad allora fissati. Più tardi ebbe modo di affermare candidamente di ignorare il motivo per cui il mercato si muovesse sviluppandosi continuamente nella struttura “cinque onde-tre onde” e forse l’avrebbe ignorato per sempre, poiché quella era una legge naturale. Evidentemente, si stavano ponendo le basi per la stesura della più importante opera di Elliott, “The wave principle” e “Nature’s law”. Ma qualcosa ancora mancava.
Quel qualcosa glielo fornì Collins, il quale, venuto meno ormai lo scetticismo verso le teorie esposte dal suo brillante corrispondente, si prodigava di fargli pervenire libri, dispense, pubblicazioni e periodici: fra tutto questo, Elliott apprezzò particolarmente il materiale sulla serie numerica di Fibonacci, che gli fornì l’appiglio matematico per completare la sua teoria nella versione finale.
Nel frattempo, i meriti delle previsioni di Elliott furono sempre più evidenti, il bear market, preannunciato con vigore anni addietro, era in effetti in atto, anzi era nel suo stadio più violento, al punto tale che gli osservatori dell’epoca nutrivano ormai seri dubbi circa le sorti dell’economia di mercato. Il 13 marzo 1935, Elliott inviò a Collins il famoso telegramma in cui preannunciava, con una precisione notarile, la fine del mercato orso e l’inizio di una nuova fase di ripresa. Due mesi dopo quella previsione si rivelò così eccezionalmente corretta e tempestiva che Collins, impressionato dal suo dogmatismo e dalla sua accuratezza e convinto che la teoria delle onde avrebbe fatto molta strada, propose ad Elliott di far partire un periodo di consulenze per la Investment Counsecil Inc.
Elliott rilanciò in questi termini: la Investment Counsecil si sarebbe impegnata a sottoscrivere il suo servizio professionale per un periodo di due anni; dopodiché, se ne fosse rimasto soddisfatto, Collins si sarebbe impegnato a far pubblicare un libro sulla teoria delle onde, eventualmente recante anche il suo nome, ma comunque con l’indicazione del copyright di Elliott. Collins accettò le condizioni propostegli, e così iniziò fra i due un periodo di intensa collaborazione, fino a quando, nel marzo del 1937, la prima opera di Elliott, “The wave principle” appunto, fu messa in cantiere.
Il libro fu ufficialmente pubblicato il 31 agosto 1938; tiratura: 500 copie. Tre mesi dopo, Elliott pubblicò la prima di una lunga serie di “interpretative letters”, consistenti in alcune pagine, da una a quattro, che furono pubblicate irregolarmente (dalle tre alle sette volte l’anno) fino al 1945. Nel 1939, grazie alle intercessioni di Collins, Elliott conobbe l’editore di “Financial World”, che gli commissionò una serie di articoli per il suo periodico. La prima di queste monografie fu pubblicata il 5 aprile e segnò la definitiva consacrazione di Ralph Nelson Elliott fra la comunità finanziaria di Wall Street.
L’attività di Elliott a partire dall’inizio degli anni ‘40 si fece ancor più febbrile: gli articoli sul Financial World gli dettero lo spunto per la realizzazione di un servizio di formazione che comprendeva la pubblicazione di una serie di opere monotematiche, dove approfondiva concetti già toccati in termini generali; da ricordare in particolare titoli quali: “Alternation”, “The basis of the wave principle”, “The law of motion” e “Nature’s law”. Saltuariamente, Elliott concedeva lezioni a pagamento ad un gruppo ristretto di studiosi, garantendosi comunque l’ultima parola (e ogni tipo di diritto) su tutto ciò che concerneva il loro impiego e la diffusione del principio delle onde.
A quanto pare fu concessa una sola “licenza d’uso” della teoria, e il beneficiario fu un tale Richard Martin, il quale nel 1942 pubblicò una serie di articoli, con il beneplacito di Elliott. Ma ben presto l’intesa fra i due venne meno a causa di diverse interpretazioni del mercato date nello stesso momento: bisogna sapere che Elliott era dispostissimo a discutere sulle diverse interpretazioni che la teoria poteva offrire, ma non permetteva mai che altre versioni scavalcassero le sue, perlomeno senza il suo benestare.
Gli studi di Elliott andavano avanti, la prima metà degli anni ‘40 va ricordata per l’approfondimento di tematiche non propriamente finanziarie: filosofia, arte, egittologia, matematica, fisica e botanica. Tutto ciò che sembrava essere interessato dai cieli e dalle ondate delle emozioni umane ricadeva nella sfera di interessi di Elliott, il quale, ormai settantenne, si andava convincendo dell’esistenza di una progressione naturale governata da leggi universali. Gli studi e le letture divennero frenetici, mossi quasi dalla volontà di fare in tempo a chiudere il cerchio, prima che la morte sopraggiungesse.
Scrisse la sua ultima “interpretative letter” nell’agosto del 1945, ed impiegò il resto dell’anno e la metà del 1946 per raccogliere tutte le sue conclusioni e tutti i suoi principi nell’opera definitiva, “Nature’s Law - The secret of the Universe”, che comprendeva non solo brani di “The wave principle”, ma anche gli ulteriori approfondimenti e affinamenti delle teorie apparsi nelle “interpretative letters”. Ma la mano non era più ferma e l’ansia di concludere tutto prima dell’Appuntamento Fatale indusse Elliott a tralasciare la forma e l’organizzazione dei contenuti, così ben apprezzati nella sua prima opera, per privilegiare la sostanza e la completezza: “Nature’s Law” vide la luce il 10 giugno 1946. Le mille copie stampate andarono a ruba fra i membri della comunità finanziaria di Wall Street.
Poco dopo la pubblicazione della sua ultima opera, Elliott perse la moglie. Degli ultimi due anni della sua vita, si ricordano le difficoltà legate al suo stato fisico e finanziario, che indussero i suoi amici a finanziare la sua permanenza presso un ospedale di New York. Fra questi amici c’era Charles Collins, con cui Elliott continuò a vedersi, fino alla morte che sopraggiunse il 15 gennaio 1948. Due giorni dopo avvenne la cremazione, tenutasi al Fairchild Funeral Home di Brooklyn.
Elliott è considerato ancora oggi dai suoi estimatori l’unico degno successore di Dow nell’analisi dei movimenti dei mercati per essere riuscito ad introdurre una serie di definizioni più precise per ogni singola fase di mercato; in particolare aggiunse una serie di elementi con uno specifico risvolto previsionale, ovvero non più mera individuazione della tendenza di mercato, ma anche calcolo dei livelli di prezzo raggiungibili.
Va detto, peraltro, che l’approccio di Elliott era volto a trovare una sintesi delle leggi che governano i fenomeni naturali, dei quali il mercato azionario costituisce semplicemente un aspetto; infatti egli affidava grande importanza all’osservazione sistematica della natura per coglierne i cicli più significativi. Essendo il movimento dei prezzi di mercato il prodotto di un’attività umana e quindi soggetta a regole naturali, esso tende ad esprimere sequenze ricorrenti di onde rialziste e ribassiste, riconducibili nel loro insieme ad un modello generale.
Di qui, appunto, il principio dell’onda, che si fonda infatti sul presupposto che ogni mercato rappresenta un fenomeno alimentato da flussi economici indotti da correnti psicologiche governate da leggi naturali. Il mercato deve essere considerato un fenomeno creato ed alimentato dall’uomo e pertanto permeato da tutti quegli atteggiamenti irrazionali che caratterizzano ogni giorno l’insieme degli operatori.
Questi comportamenti diffusi, dell’insieme dei partecipanti al mercato, si esprimono nei prezzi attraverso fasi ricorrenti che si prestano ad essere analizzate per individuare dei modelli caratteristici. In altre parole, la borsa è per Elliott un fenomeno di natura psicologica, che misura la dinamica pessimismo/ottimismo più che le reali condizioni delle imprese; il mercato non registra sostanzialmente gli eventi politici, economico-sociali, bensì le reazioni dell’uomo a questi eventi.